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Mario
in the world


“Mario, perché non scrivi una modesta proposta per il Natale”?
“ Barbara, ho appena finito un libriccino sul tema… non ne posso più“…
“ Ci sarà bene qualcosa che non hai poturo scrivere in un libro per bambini, ma che vale la pena di dire sull’argomento”…
“ In effetti… forse… potrei parlare di quello che definirei:

NATALE BANALE

La modesta proposta di turno è quindi una disanima del Natale come simbolo, come realtà, come rito. Da fare con i suoi primi fruitori – alternativamente sfruttatori e sfruttati – ovvero i bambini.
Naturalmente non ho assolutamente intenzione di demolire l’immagine del Natale, ma solo di invitare a delle riflessioni che la sfrondino, almeno parzialmente, dalle sovrastrutture inutili e, in prospettiva, dannose. Già, perché i bimbi crescono e poi – nonostante la riforma scolastica – magari prima o poi cominciano a ragionare su tutto… TUTTO, dalle materie d’insegnamento al ruolo del discente sino al Natale. E allora c’è rischio che buttino quel tutto a mare, anche quello che invece varrebbe la pena di salvare tra le cose citate (e anche altre, genitori compresi… ma questo è un altro discorso).
Andiamo per ordine, cominciando a chiarire che Gesù non è nato il 25 dicembre, ma quella data è stata scelta quasi a caso, visto che a Betlemme, all’epoca, l’anagrafe era quantomeno approssimativa.
Prima dell’anno 336 (dopo Cristo, ovviamente) il compleanno di Gesù era festeggiato in giorni diversi (in genere primaverili), poi si decise di avvicinarlo al solstizio d’inverno (il 21 dicembre), data che comunque era già occasione di varie feste di varie religioni, dalla pagana all’ebraica. E, guarda caso, durante quelle feste era tradizione scambiarsi doni, e allora ecco da dove è partita la mania dei regali.
Non sappiamo a chi sia venuta l’idea di attribuire la provenienza di quei regali al festeggiato e non ai festeggiatori. Sta di fatto che, oggi, ci si aspetta che arrivi Gesù Bambino con la gerla di Babbo Natale.. sempre che non sia preceduto da Santa Lucia o seguito dalla Befana, a tappare eventuali buchi.
Ma Santa Lucia era cieca (meglio: era stata accecata), e quindi dovrebbe essere giustificata se sbaglia.
Gesù era figlio di un povero falegname in fuga, e quindi sarebbe giustificato se non soddisfacesse tutte le richeste. La Befana, che assomiglia un po’ troppo a una strega di Halloween in ritardo di un paio di mesi, non dovrebbe stupire se portasse carbone. E quando poi mette dolcetti dentro calzini usati.. che schifo! Non resta che confidare nel grasso e rubizzo Babbo Natale. Lui sì che può permettersi di essere generoso… anche storicamente: San Nicola, che ha dato origine alla leggenda, era un ricco mercante che gettava monete d’oro ai poveri attraverso le finestre, restando nascosto. Ma San Nicola era alto e magro (i suoi resti, conservati a Bari, lo dimostrano), non abitava al Polo Nord ma in Turchia, andava in giro a cavallo e non su una slitta trainata da renne…. non foss’altro perché, probabilmente, non sapeva neppure che esistessero simili animali, visto dove viveva.
Diciamolo, ai bambini, che l’immagine del ciccione barbuto vestito di rosso è roba datata – al più – ai tempi dei loro bisnonni (disegnata da Thomas Nast nel 1891) e diventata icona popolare grazie alla pubblicità della Coca Cola!
Questi vi sembrano disorsi da iconoclasta? Vi sembra che stia togliendo poesia a un momento “magico”? Siete pronti a accusarmi di “cupio dissolvi”?
Invece le decine di Babbi Natale (e un bimbo ingenuo dovrebbe chiedersi quale sia quello vero) che girano per le strade a elemosinare quattrini o invitare agli acquisti, hanno la vostra approvazione?
E i Presepi delle vetrine di giocattoli, che sembrano dei plastici tecnologici da fermodellista, sono fonte di rispetto cristiano? E le pubblicità televisive che, per ingenerare bisogni fasulli nei bambini, mettono insieme - letteralmente - il diavolo e l’acqua santa, vi pare aggiungano “poesia” al Natale?
Continuo col proporre, modestamente, un esame delle “letterine” indirizzate al portatore di doni, quale che esso sia, genitori e nonni e zii compresi per i più scafati.
Analizziamo provocatoriamente quelle dell’anno scorso. Quante e quali richieste sono state disattese? Ci si è chiesti il perché? E, una volta sentite le ragioni (non oso immaginare l’arrampicata sugli specchi dei poveri genitori che hanno tentato di motivare il rifiuto di Babbo Natale o Gesù Bambino – troppo caro grosso ingestibile introvabile, quel regalo – senza distruggere l’immagine pubblica del bidonatore: spero per loro che abbiano fatto un corso propedeutico da Bondi), le hanno accettate?
Ancora: quale percentuale dei doni richiesti e ottenuti ha soddisfatto le aspettative? Quanti giocattoli dell’anno scorso sono ancora in uso? Ecco: insegniamo ai bambini a far uso dell’esperienza, usando la letterina natalizia come test, per organizzare la letterina prossima ventura. Magari (magari!) impareranno a qualificare le loro richieste – non solo regalizie – e a distinguere tra “voglia di” e “bisogno di “, e poi tra bisogni reali e indotti, e poi…
Ma non pretendiamo troppo. In fin dei conti, il Natale è anche il momento giusto per vedere soddisfatti i desideri superflui da personaggi fantastici.
Però con qualche limite.

Mario Gomboli